Il nuovo decreto Lavoro prevede all’articolo 23 una disposizione che individua un nuovo importo, nel minimo e nel massimo, della sanzione amministrativa da applicarsi in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali a carico dei lavoratori nelle ipotesi in cui abbiano perso rilevanza penale.

In base alla precedente disciplina, per le violazioni sotto la soglia dei 10.000 euro annui, doveva applicarsi la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Ora la locuzione “da euro 10.000 a euro 50.000” è stata sostituita dalla seguente: “da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso“.

La norma intende chiaramente venire incontro alle molteplici lamentele nei confronti di ordinanze ingiunzioni che contenevano sanzioni del tutto sproporzionate rispetto all’importo effettivo delle ritenute non versate.

La questione dell’enormità delle sanzioni applicate era stata già portata all’attenzione della Corte Costituzionale proprio per l’assenza di previsione di un regime di gradualità della sanzione per le ipotesi di particolare esiguità della omissione contributiva.

Con la nuova disciplina dettata dall’articolo 23 del D.L. 48/2023, il meccanismo di calcolo delle sanzioni cambia totalmente e si collega all’importo delle ritenute omesse, stabilendo un limite minimo di 1 volta e mezza l’importo della ritenuta e un limite massimo di 4 volte l’importo omesso.

Si porrà ora il problema delle situazioni pregresse, già oggetto di ordinanze ingiunzioni (anche notificate e in molti casi non opposte) oppure con contenzioso di opposizione pendente di fronte all’autorità giudiziaria, dove dovrà essere affrontato innanzitutto il profilo della limitata o generale retroattività, connessa alla natura sostanzialmente penale della violazione.

Infine, occorre rilevare che l’articolo 23 del decreto Lavoro pone un termine perentorio, per le violazioni poste in essere dal 1° gennaio 2023, entro il quale effettuare da parte dell’Istituto la notifica degli estremi della violazione al trasgressore. Infatti la nuova disposizione prevede che gli estremi della violazione debbano essere notificati entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell’annualità oggetto di violazione (quindi non dell’anno successivo, come era previsto nella vecchia formulazione, ma del secondo anno successivo), lasciando quindi un margine più ampio per procedere all’accertamento della violazione.