Con il riaccendersi dei focolai Covid-19 in Italia torna di attualità una delle prime misure urgenti prese dal Governo con il decreto Cura Italia: i lavoratori che sono posti in quarantena per contenere il rischio di contagio da Coronavirus hanno diritto alla prestazione lavorativa della malattia.
Le definizioni
In pratica, il periodo di quarantena – che dura 14 giorni – viene retribuito come malattia e la stessa non viene considerata ai fini del superamento del periodo di comporto (il numero massimo di giorni in cui un lavoratore può stare a casa per malattia mantenendo il diritto al posto di lavoro).
Lo prevede l’articolo 26, del decreto n.18/2020 e riguarda il periodo trascorso in isolamento con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria dei lavoratori dipendenti.
Innanzitutto, le relative definizioni di legge:
- quarantena con sorveglianza attiva: persone che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva;
- permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva: persone che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio o sulla base di specifiche ordinanze locali legate al rischio di contagio da Coronavirus.
In ogni caso, è il Dipartimento di prevenzione della Asl a disporre il provvedimento di quarantena o sorveglianza in base alle indicazioni che possono arrivare dalla persona stessa, dall’azienda o dai medici di base.
Contatti a rischio
In base alle indicazioni del Ministero della Salute s’intende contatto stretto:
- una persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19;
- una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (per esempio la stretta di mano) oppure che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);
- una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti;
- una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri;
- un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;
- una persona che abbia viaggiato seduta in aereo nei due posti adiacenti, in qualsiasi direzione, di un caso di COVID-19, i compagni di viaggio o le persone addette all’assistenza e i membri dell’equipaggio addetti alla sezione dell’aereo dove il caso indice era seduto (qualora il caso indice abbia una sintomatologia grave od abbia effettuato spostamenti all’interno dell’aereo, determinando una maggiore esposizione dei passeggeri, considerare come contatti stretti tutti i passeggeri seduti nella stessa sezione dell’aereo o in tutto l’aereo).
La procedura
Alla base della procedura di quarantena ci sono i medici di base. Questi ultimi redigono il certificato, specificando gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare.
Vediamo un esempio pratico: un lavoratore segnala di avere avuto un contatto stretto con un caso confermato di Covid. L’azienda (anche per il tramite del medico del lavoro) provvede ad avvisare l’autorità sanitaria (ci sono appositi numeri di emergenza per il Covid-19 forniti dalla Regione o dal ministero della Salute) che a sua volta prende le contromisure indicate.
I medici di base hanno precise indicazioni da parte delle autorità e di conseguenza sanno esattamente quando prescrivere la quarantena.
Ricordiamo che l’indicazione del Ministero è di rivolgersi al medico di base, chiamandolo al telefono, evitando di andare in pronto soccorso o in ambulatorio.
Il certificato
L’Inps, con il messaggio n. 2584 del 24/06/2020 richiama la necessità di un certificato di malattia attestante il periodo di quarantena con indicazione da parte del medico curante del protocollo del provvedimento emesso dall’operatore di sanità pubblica con cui, di fatto, è stata disposta la quarantena.
Qualora ciò non fosse possibile – perché comunque di regola il certificato deve essere trasmesso in via telematica sin dal primo giorno di malattia o comunque se cartaceo (caso residuale) al massimo entro due giorni – è in capo al lavoratore l’onere di recuperare tale provvedimento comunicandone gli estremi all’INPS attraverso posta ordinaria o PEC e allegandolo ove possibile.
In tal caso, in attesa di integrazione della documentazione da parte del lavoratore, il certificato sarà momentaneamente considerato sospeso.
Il test sierologico
Chi viene trovato positivo dopo aver effettuato il test sierologico dovrà mettersi in contatto con il proprio medico di famiglia e porsi in isolamento obbligatorio a domicilio per 14 giorni, con esonero totale dall’attività lavorativa. Il suo nome sarà segnalato alla Asl competente.
Va ricordato che il test sierologico non dice se il paziente è positivo al virus, ma solo se il suo organismo ha sviluppato le difese immunitarie per combatterlo e che rimangono nel sangue anche una volta terminato il decorso della malattia ed eliminata la possibilità di contagiare altre persone.
Ne consegue che anche i soggetti già guariti dall’infezione dopo aver contratto il virus in forma lieve saranno tenuti alla quarantena.
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